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Lombroso e il museo Horror-Steampunk

Torino è una città che getta le sue radici nel passato romano. Tuttavia è indiscutibile che ad aver lasciato maggiormente il segno in ciò che si vede ovunque, in città, sia stato il "lungo secolo", il XIX, che vide la città divenire la più importante d'Italia, seppure solo per pochi decenni.

Capitale sabauda, ricca di architettura quasi mitteleuropea, quasi fosse una piccola Parigi o una Vienna dal nostro lato delle Alpi, la città offre veramente molti spunti a coloro che amano le architetture provenienti dal periodo preferito dallo Steampunk e delle avventure alla Jules Verne.

Ma è soprattutto su alcune chicche che voglio porre l'enfasi, come i musei della città. Torino è famosa per il suo Museo Egizio (la più grande esposizione d'Europa e la seconda al mondo, dopo quella de Il Cairo, recentemente espansa fino a superare Smithsonian, British Museum e Louvre), gli innumerevoli musei d'arte, lo splendido Museo del Cinema (presso la Mole Antonelliana, il capolavoro di Antonelli), i suggestivi sotterranei del Museo di Pietro Micca (imperdibili per gli appassionati di Dungeon: ecco come funziona una vera rete di sotterranei estesa per 16 km, che divennero 20 ai tempi d'oro dell'Assedio di Torino durante la Guerra di Successione Spagnola).

Varrebbe la pena di spendere tempo a parlare di ciascuno di essi e vi invito a visitarli tutti, come ho fatto io questa estate.

Però ce n'è uno in particolare su cui voglio attirare la vostra attenzione oggi, fondato nel 1876 e museo di se stesso prima ancora che della materia di cui si occupa. Si tratta del museo di Antropologia Criminale, fondato da Cesare Lombroso proprio alla fine del XIX secolo. Perché "museo di se stesso"? Beh, principalmente perché la materia di cui si occupa si è evoluta tantissimo ed il museo è un affascinante viaggio nella mentalità stessa che ci giunge dal Lungo Secolo, con le sue sfaccettature che talvolta sembrano uscire da un romanzo di horror gotico o Steampunk.

Il Museo di Antropologia Criminale di Lombroso non è infatti per deboli di stomaco: contiene una esposizione di resti umani mummificati e catalogati secondo le teorie del tempo, in un'epoca in cui essendo i criminali scomunicati i loro resti non erano destinati al rispetto dovuto alle persone comuni. Su di essi si potevano effettuare esperimenti, autopsie e persino esporli nelle teche di un museo.

Non è mia intenzione esprimere opinioni in merito alle teorie di Lombroso. Fu, è vero, un precursore del "profiling" e della criminologia, tuttavia con i problemi derivanti dalle teorie pseudoscientifiche tipiche del suo tempo, quali frenologia e persino eugenetica (non si pensi che questa fosse limitata ai soli nazisti: sebbene questi ultimi la portarono al suo estremo più folle e orribile, le sue radici sono nelle pseudoscienze in voga nel secolo che li ha preceduti).

Il lato quindi di maggiore interesse di questo museo è, secondo me, proprio il suo essere "museo di se stesso", con quel gusto discutibile che sa di film dell'orrore misto ad atmosfere che sembrano uscire da un misto tra "La leggenda degli uomini straordinari", il Dottor Jekyll di Stevenson, le vicende morbosamente cruente di Jack lo Squartatore e i granguignoleschi Penny Dreadful.