Domenica, maledetta domenica
"For all those born beneath an angry star / Let's we forget how fragile we are", cantava Sting. Oggi sento il bisogno di sfogarmi, con una sorta di cosa a metà tra il "caro diario" e una riflessione sulla fragilità della vita. Ho un pensiero da condividere, da mettere a parole, nero su bianco, per poterlo esorcizzare. Non farà sparire ciò che sto vivendo, ma mi aiuterà a digerirlo.
Già di mio non ho mai sopportato la domenica, giornata in cui, da sempre, preferisco lavorare. L'ho sempre trovata noiosa, vuota, salvo quando sono in vacanza. Ho sempre preferito il sabato, giorno in cui mi posso godere l'attività senza le cose che mi fermano (troppa gente in giro e negozi chiusi, tanto per citarne due, anche se di recente la seconda non è sempre vera). Questa settimana sto vivendo la mia personale "badante experience": mamma invalida da assistere in tutto e papà in ospedale (mercoledì, giornata di merda, ha visto ricoverare mio padre alle 7 del mattino e mia madre alle 10:30, in due ospedali differenti per poterlo nascondere al babbo, che ancora non sa nulla, o avrebbe firmato per dimissioni che al momento non si può permettere). Mio padre sta meglio ma sarà ricoverato ancora per qualche giorno, mia mamma è tornata a casa dopo una notte intera al pronto soccorso, vi risparmierò i dettagli. Oggi, però, è domenica, giornata che non mi piace da sempre. Io e la mamma siamo soli da tutto il giorno. Gli altri giorni abbiamo ricevuto visite e l'aiuto mattutino, così riuscivo ad avere qualche ora per me. Voglio davvero molto bene ai miei genitori, ma è un'esperienza che spero profondamente possa terminare presto, mi sento quasi come agli arresti domiciliari, senza poterci dare il consueto cambio padre/figlio e sapendo che va affiancata in tutto. Lei è tranquilla, dolce e ubbidiente, quindi non è difficile da accudire, nonostante la sua fragilità mi renda sempre un po' inquieto. Le ho cucinato dei tagliolini alla Norma (4 salti in padella, sempre sia lodato chi li ha inventati), perché volevo che il rito del pasto non fosse solo qualcosa dedicato al nutrimento ma una sorta di coccola verso chi, come la mamma, è limitato a una vita di letto, sedia-a-rotelle o poltrona, senza nemmeno poter scendere le scale per due passi (finché non riuscirò a vincere le emergenze quel tanto che basta per far mettere un montascale o qualcosa di simile). Ma nelle lunghe dormite in poltrona davanti alla TV del mio tesorino io sento ugualmente crescere il senso di colpa per l'egoistico desiderio di poter trovare una stabilità che mi restituisca un po' di libertà. Ciò nella consapevolezza/speranza che questo momento non torni nuovamente a precipitare con altre disavventure, guasti, malori e crisi che potrebbero peggiorarlo: mercoledì è stato un esempio di come la nostra condizione di equilibrio possa precipitare in un istante come se ci trovassimo sempre sull'orlo di un Orizzonte degli Eventi tra serenità e tragedia. Ne approfitto per riflettere, scrivere, e mi centellino le attività-rifugio. Ma anche con le dovute e pianificate valvole di sfogo (tra cui manutenzione della casa, scrittura, Sky e videogiochi) questa esperienza mi sta mettendo alla prova. Le emozioni che suscita mi spaventano per la loro tremenda forza d'impatto. Cresce in me il già grande rispetto per chi lo deve fare di lavoro e la malinconia per chi, a differenza di me, deve estendere questa mia breve (che spero sia davvero breve) esperienza per infiniti anni di sofferenza senza speranza, come gli anziani che non hanno nessuno e, se sono fortunati, hanno solo una pensione sociale. Non riesco a capacitarmi di quale forza d'animo serva per resistere a certe condizioni per periodi prolungati, è già devastante sul breve periodo. Farsi forza è più facile quando ti aiutano e quando sai che non durerà fino all'inevitabile fine, quindi so di essere meno sfortunato di infiniti altri, e la profondità dell'abisso che vedo oltre l'Orizzonte degli Eventi mi terrorizza. Mi sento come un funambolo che debba attraversare una corda lunghissima tesa tra due grattacieli, mentre spera che le forze gli bastino e non si alzi il vento.
Mia mamma si è svegliata, devo accompagnarla a fare pipì. E mi dice, con la sua voce sottile: "Per un attimo mi è sembrato che papà fosse qui." L'ho accarezzata, le ho chiesto di pazientare ancora qualche giorno. Le ho chiesto: "Ti manca, eh?" Ha annuito. Sposati da 57 anni, dieci di fidanzamento. Le mie emozioni, che mi lasciano tramortito, non possono competere nemmeno lontanamente con le sue. Ho sondato il baratro, è davvero incredibilmente profondo. Voi odiate il lunedì. Io non vedo l'ora che arrivi, che siano le nove e Concetta suoni alla porta per aiutarmi ad accudire la mamma e questa ondata impressionante di angoscia si allontani, almeno per qualche ora.